Sake, un viaggio tra Giappone e Italia

Nicola Coppe e Misal Memeo

Ad ottobre un amico pubblican ci aveva proposto una serata di degustazione a base di sake italiano. Avevamo già sentito parlare di alcuni ragazzi che si erano messi a fare il sake, una bevanda con una tradizione millenaria così lontana da noi che quella proposta ci ha incuriosito tantissimo, così abbiamo partecipato con piacere.

E’ stato li che abbiamo conosciuto Nicola Coppe (microbiologo) e Misal Memeo (ex ricercatore di chimica organica).

I due hanno studiato e sperimentato per arrivare a produrre 5 tipi di sake aggiungendo la nota molto caratterizzante dell’italianità.

Due sake più tradizionali, con un sapore umami che irrompe sia a naso che a palato, un sake frizzante, che ricorda un po il nostro prosecco, un sake sperimentale con aggiunta di luppolo e una new entry….. il sake con aggiunta di lamponi che caratterizzano questa bevanda non solo colorandola in modo molto gradevole ma anche donandogli il loro classico sapore dolce e aspro allo stesso tempo.

Dopo quella serata non potevamo restare fermi, sapete che a noi piace conoscere bene i prodotti andando all’origine, a come vengono fatti.

In un attimo ci accordiamo con Misal e Nicola per andarli a trovare a Feltre nella loro “Sakagura”, ovvero, il loro laboratorio di produzione di sake.

Ed è qui che con grande professionalità ci spiegano i lunghi passaggi di produzione di questa bevanda di riso.

Il Sake è un fermentato di riso, loro usano riso Carnaroli coltivato nelle risaie Pavesi, che prima di essere fermentato deve essere “levigato” fino a far emergere la parte più interna del chicco, la “perla” che prende il nome di “Seimai Buai”, letteralmente “quello che resta” del riso, il suo cuore che subirà vari lavaggi e ammolli per raggiungere il giusto grado di umidità del chicco (circa una notte).

Il passaggio successivo è la preparazione del Koji.

Il Seimai Buai viene cotto a vapore per circa 1 ora per poi stenderlo su un tavolo e farlo raffreddare velocemente, si “infetta” con muffe selezionate (koji kin) e si lascia riposare in una apposita camera, il Kojimuro, a 32 gradi con l’80-90% di umidità per 24 ore e poi per altre 24 ore smuovendolo ogni 3/6 ore, solo così le muffe potranno svilupparsi e consumare gli amidi trasformandoli in zuccheri necessari per la vera fermentazione che avverrà in un secondo momento.

“Kojimuro”

Ora che è pronto il Koji, si può procedere con la preparazione del “mosto” chiamato Moromi. In un fermentatore di unisce il Koji (20/30%), il riso cotto a vapore ed il lievito e viene fatto fermentare per circa 30 giorni a 10/11°C, rimestandolo ogni tanto.

A fermentazione raggiunta il moromi viene filtrato per separare il liquido fermentato, ovvero il mosto fiore di Sake, dalla parte semisolida il “sake Kasu”.

Nicola e Misal hanno deciso di rielaborare e riutilizzare il kasu inviandolo ad una distilleria per ottenere un distillato di riso. Quindi oltre ad avere un Sake di un certo livello, dal loro lavoro riescono ad ottenere anche un ottimo distillato di riso.

Strizzando ancor di più il sake Kasu si ottiene una pasta da utilizzare in cucina per marinature oppure in cosmetica per creme o maschere di bellezza.

Una volta filtrato il Sake viene pastorizzato ed imbottigliato ed è pronto per essere gustato con abbinamenti vari che vanno dai formaggi ai dolci a seconda del tipo di Sake, esattamente come per la birra e per il vino.

Come per ogni produttore che ci colpisce vi lasciamo i loro contatti:

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